mercoledì 14 ottobre 2009

Proud to be.

Glielo leggi in faccia che sono orgogliosi, loro. La bandiera americana è appesa fuori da tantissime case, si sentono i salvatori del mondo. Il senso dell'unità nazionale, è una cosa che noi non abbiamo mai avuto. Anche la concezione di sostenimento della propria squadra preferita è diversa, e trasuda questo aspetto. Qui a Boston tutti vanno pazzi per i Red Sox, una squadra di baseball. Te ne puoi accorgere facilmente a colpo d'occhio per la strada. Tu, andresti mai a fare la spesa con la maglietta dell'Inter?
La seconda settimana che ero qui, ci sono stati non so quali playoff, per cui i Red Sox giocavano tutti i giorni della settimana, per dieci giorni. Io vivo al capolinea della metropolitana, dove c'è un parcheggio enorme. Durante quel periodo, c'era la processione continua di auto di famigliole provenienti dalle campagne circostanti. Scendono dalle auto e poi si dispongono diligentemente in una fila indiana chilometrica alle macchinette per comprare il biglietto della metro. Mi sa che per indurli a lasciare le mega auto a casa, il parcheggio giornaliero vicino allo stadio costi quanto l'affitto mensile di una casa a Canicattì. Dovreste vederli quanto sono pittoreschi. Indossano tutto il merchandising possibile e immaginabile. Sembrano fatti con lo stampo, quasi. Qui non ci sono mica gli ultras brutti e cattivi, solo famigliole del mulino bianco, colorate di rosso e blu. Papà, mamma, bambino e bambina, tutti con maglietta e cappellino, alcuni con i calzettini rossi, altri con il foulard, o la borsetta. Ma la più bella era la bambina che stringeva il pelouche che indossava la maglietta dei Red Sox. Fanno tenerezza per quanto ci credono. Io pensavo che la madre di Vincent Gallo in Buffalo '66, fosse alquanto enfatizzata, ma ora capisco che qui c'è gente DAVVERO così. A volte mi verrebbe da fargli suonare una sveglia davanti al naso chiedendogli quando mai prenderanno coscienza di questo mondo in cui sono costretti a vivere.

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