mercoledì 14 luglio 2010

Casa nuova

Sono le quattro del mattino e non riesco a dormire. Come ogni "prima notte in un posto nuovo" l'insonnia è venuta a bussare alla mia porta. Ieri sera infatti è avvenuta la consegna delle chiavi e mi trovo nella stanza nuova.
L'appartamento è all'ultimo piano e per fronteggiare le temperature improbabili che si raggiungono qui dentro mi rigiro a trecentosessanta gradi nel lettone matrimoniale che al momento è senza cuscini perché nessuno ha pensato di dirmi che dovevo portarmi i miei. Il ventilatore gira imperterrito dal primo minuto in cui sono entrata in casa. Nel giro di sei mesi e mezzo sono passata dagli artici -20 °c dell'inverno Bostoniano ai +40°c della conca fiorentina. Voi direte che mi lamento sempre del tempo e avete ragione, ma sessanta gradi di escursione termica credo che frullerebbero chiunque.
Il padrone di casa ha fatto un po' l'italiano. Sinceramente me lo aspettavo, ma quando ho verificato che le foto che aveva messo su internet corrispondevano a realtà, mi sono fidata, anche perché non c'erano valide scelte alternative.
kay: c'è internet vero?
pdc: cerrrto, vai tranquilla!
kay: mi raccomando, perché mi serve per lavoro
pdc: sì sì che c'è, non ti preoccupare.
"Internet" secondo lui è una schedina della 3 da condividere fra tre coinquiline, la cui connessione va talmente lenta da non riuscire ad aprire nemmeno la chat di gmail.
kay: qui va lentissimo, io credevo che ci fosse l'adsl...
pdc: mai parlato di adsl. Però sei fortunata, nella tua stanza si prende una rete wireless a scrocco da un vicino.
kay: come sono fortunata, sìsì.
La rete wireless da cui vi sto scrivendo ora, è più veloce della sua chiavetta, ma da quando ho iniziato questo post si è già disconnessa tre volte.
kay: le coinquiline non ci sono?
pdc: arrivano fra poco credo, sai fanno le infermiere.
kay: ah già si me l'avevi detto. di dov'è che sono loro?
pdc: ah sì, ti avevo detto che erano straniere, beh sono una rumena e una albanese, ma tanto tu non è che ti fai problemi vero?
kay: fortunatamente no, a Boston ho pure convissuto con due russi, però visto che magari a tanta gente potrebbe dare fastidio sarebbe stato giusto dirlo prima per conoscenza no?
pdc: ma tanto sono bravissime ragazze! garantisco io per loro!
Durante questa conversazione si è aperta la porta di casa. E' entrata una delle due. In effetti mi è sembrata veramente tranquilla, faticheresti a dire che non è italiana.
coinquilina1: ciao, piacere. senti pdc, io e te dobbiamo parlare.
pdc: sì? dimmi tutto.
c1: io quell'altra non la sopporto più. Ha il fidanzato che dorme qui tipo cinque sere a settimana, e nelle poche sere che non c'è lui viene a trovarla un altro. Come se non bastasse sono pure molto rumorosi quando fanno le loro cose.
kay: coff coff!
pdc: non vi preoccupate, tra due giorni devo tornare per riscuotere l'affitto. Le parlerò e se non si dimostrerà ragionevole io la caccio di casa! Questo non è un porto di mare!
Iniziamo bene.
La seconda coinquilina è rientrata con il fidanzato un paio d'ore dopo, quando pdc era già andato via. Anche lei sembra italiana, ma al contrario dell'altra è un po' tipo vamp appariscente. Per questa notte lei e il fidanzato si sono trattenuti dal fare acrobazie sonore. Che gentili.
Mi consolerò domani quando andrò a prendere l'autobus che ferma qui di fronte e mi scaricherà davanti all'azienda dieci minuti dopo. Vero?

martedì 13 luglio 2010

Coerenze stilistiche.

Passare la giornata a documentarsi sui siti cosiddetti fashion sta iniziando a diventare una tortura. Non ho un soldo da spendere, almeno fino a quando non mi arriverà il primo stipendio. Ho la posta elettronica intasata di offertissime imperdibili e oltretutto mi rifiuto di finanziare la concorrenza.
Non me ne è mai fregato niente di apparire, e tuttora non me ne importa: mi piace pensare a me come l'orso asociale rintanato nella stanza bostoniana al riparo dal resto del mondo. Però cosa volete che vi dica, evidentemente è vero che la tentazione fa l'uomo ladro. Se io vedo delle Converse a 25 euro diventa proprio più forte di me resistere all'acquisto. Eppure dovrò imparare a controllarmi, perché ne possiedo già tre paia e in questo ufficio non le posso più mettere. Per fortuna è estate e rimedio con i sandali, ma per l'inverno non potrò di certo presentarmi qui con gli anfibi. Qui nessuno impone niente, ma le altre sono sempre tutte perfette e la competizione in un'azienda prettamente femminile raggiunge livelli infiniti. Dove lavoravo prima d'estate si andava in ufficio in pantaloni corti e ciabatte e l'atmosfera era molto più chill. Dopo aver passato sei anni in un posto del genere è dura riabituarsi al malefico pantalone con la piega.
Comunque fino a che questa fase di adattamento resterà il mio problema più grande potrò ritenermi fortunata. Avercene di questi problemi, signora mia.

lunedì 12 luglio 2010

A piece of cake?

Proprio dopo aver ribadito con forza che questo blog sono io, sto meditando di dare una svolta editoriale a questo blog. Non ho ancora bene le idee chiare però. Ci devo pensare.
Tutto questo perché sabato sera sono ritornata al paesello e sono uscita a bere una birra con un'amica.
"Ti scoccia se invito anche questa ragazza che ho conosciuto da poco?"
"Figurati, a me piace conoscere gente nuova".
Ecco io questa ve la vorrei davvero raccontare, perché la tizia in questione ha avuto una vita così disastrata da farmi restare a bocca aperta. Io credevo di averle già sentite tutte e invece al peggio non c'è mai fine. C'è anche da dire che vedendola così bella e fine non lo diresti mai, ma ha talmente bisogno di confidarsi che mi ha raccontato la sua vita anche se ci conoscevamo solo da un'ora.
Fossi stata in america avrei già spiattellato tutto qui sopra, perché la sua storia è veramente incredibile, ma si sa che l'Italia è un paese piccolo e mi tocca trattenermi.
Come se non bastasse probabilmente almeno fino a natale non ci saranno altri viaggi in programma, e pure la sezione che qualcuno ha definito national geographic subirà una lunga pausa.
Se mi mettessi a scrivere di moda so già che qualcuno mi prenderebbe giustamente a pomodorate, perciò evito.
Quindi che faccio?
Posto la ricetta del tiramisù?
Uno di voi mi ha scritto che forse per il blog era meglio che restassi all'estero, e credo che abbia ragione. Per quanto riguarda la mia vita privata però no. Col senno di poi rifarei tutto quello che ho fatto per ritrovarmi qui ora. Anche gli sbagli, perché senza di essi non avrei avuto il coraggio di ripartire da zero.
Forse la torta di mele mi riesce meglio. La mia preferita però è la torta di riso.



giovedì 8 luglio 2010

Work in progress

Il bilancio dopo la prima settimana fiorentina è che io questo tipo di lavoro mi sono resa conto di amarlo.
Quando secoli fa vidi "what the women want" e i protagonisti erano seduti attorno a un tavolo per tirarsi fuori idee creative da utilizzare in uno spot pubblicitario, io pensai che era un lavoro da sogno. Sorvoliamo sulla faccenda che per capire le donne lui si fosse messo i collant. Giuro che se continuo ad occuparmi di queste cose non penserò mai di indossare un paio di boxer per capire cosa vogliono gli uomini dalla moda!
Ritornando al qui e ora, stiamo facendo un lavoro enorme di ricerca sul settore, però capita spesso che ci si ritrova tutti in sala riunioni e ognuno spara le sue nuove idee di marketing.
"E se facessimo questo?"
"E se facessimo quello?"
"Fermi tutti, io non voglio essere uno fra i tanti, io voglio essere qualcuno. Voglio L'IDEA"
Lavorando così il tempo vola e ci si appassiona. Io questo bambino internettiano che presto nascerà me lo sto già prendendo a cuore. Non si tratta più di un lavoro, ma di una sfida. Poi magari non andrà come sperato, ma non si potrà dire che non ci abbiamo provato.
Di certo costoro non hanno bisogno di questo blogghetto per riuscirci. Anzi, se mai vedrete qui sopra un link con scritto compra questo o compra quello, vi autorizzo a sputarmi in un occhio quando mi vedete in giro.

mercoledì 7 luglio 2010

Sfogo da sindrome premestruale

Ho già ricevuto la mia prima infamata per il post precedente perché ha a che fare con il mio nuovo lavoro, e a cui ho risposto senza mezzi termini. Chiariamo subito come stanno le cose: questo blog sono IO.
La categoria io, se non ve ne siete ancora accorti, da quando è stata istituita comprende: me, la zona dove abito, il posto dove lavoro, le persone strane che incontro, le città che visito, e il santo che mi sopporta (detto volgarmente italian society, nel caso non ci foste arrivati).
Io parlo delle cose che succedono nella mia quotidianità.
Se prima vi faceva figo leggere storie dall'america e adesso vi risulto noiosa e scontata solo perché vivo nella vostra stessa PENisola, siete liberi di aggiornare i vostri blogroll. IO sono sempre IO e non cambio solo perché sono salita su un aereo con una valigia grossa. IO ero IO anche prima di partire, quando molti di voi non mi conoscevano.
Continuerò anche senza il vostro permesso a scrivere le cose che mi succedono, e a parlare delle cose che mi hanno fatto riflettere divergendo dalle mie opinioni. Nel caso preciso, la MIA divergenza dall'acquisto di abbigliamento su internet è stata superata, la tua è libera di stare dove sta.
Buon proseguimento per chi rimane.
Auguri e figlie femmine a chi va.

martedì 6 luglio 2010

Acquisti on-line

Nel 2002 effettuai il mio primo acquisto on-line per comprare il biglietto di un concerto. Le mie amiche si domandavano se fossi pazza a comunicare a qualcuno i numeretti magici. Da quel giorno ho sempre comprato di tutto su internet, perfino l'aspirapolvere. A Boston ci ho addirittura ordinato la pizza, seguendo il tracking delle fasi di preparazione. Per ironia della sorte, l'unica cosa su cui ho sempre avuto dubbi, è stato l'acquisto di abbigliamento. Ho effettuato il primo soltanto quindici giorni fa, per iniziare a studiare questo mondo, per ragioni lavorative.
Il mio dubbio più grande era ovviamente "e se dopo non mi va bene? come si fa a comprare un capo di abbigliamento senza misurarlo?"
Dopo aver analizzato il tutto in profondità mi sono mangiata le mani per tutte le buone occasioni che posso aver perso.
Per prima cosa, tutti i siti di questo tipo dopo averti mostrato il prodotto da tutte le angolazioni possibili e averti dato indicazioni sulla vestibilità, accettano il reso gratuito. Per quanto riguarda i soldi si può scegliere se lasciarli lì a credito per futuri acquisti, o se farsi fare un bonifico di rimborso.
Poi, tutti questi siti vendono cose della stagione precedente ad almeno il 50% di sconto. Essendoci molta competizione, a volte distribuiscono coupon con ulteriori sconti.
Un'altra obiezione comune fra gli alternativi medi è: a me di avere un capo "firmato" non me ne importa niente, posso vivere anche senza. Questo lo posso capire, ma bisogna esaminare anche l'altro lato della medaglia. Quando gli imprenditori italiani chiudono le fabbriche perché non ci stanno dentro con i costi, noi tutti ci indignamo. Buona parte delle persone che si indignano, quando acquistano non fanno nemmeno caso all'etichetta made in Italy, e finanziano economie straniere, la Cina in primis. Acquistando abbigliamento di marca italiano a prezzi stracciati invece abbiamo la garanzia della qualità, paghiamo poco comunque, e aiutiamo le aziende italiane a non chiudere.
Il mio primo acquisto è stato una cintura di vera pelle di una stilista emergente, pagata solo 28 euro. Al mercato roba che una cintura di plastica cinese la paghi uguale, se non di più.
Meditate gente, meditate!

venerdì 2 luglio 2010

Al lavoro!

Ieri ho iniziato il nuovo lavoro, insieme alla mia nuova collega. E' stata una giornata impegnativa, ma ne sono uscita entusiasta. Abbiamo preso possesso delle nostre scrivanie nell'ufficio marketing e dei nostri nuovi portatili. Ci hanno presentato tutti, e abbiamo partecipato a un paio di riunioni introduttive per darci una prima infarinata sulle strategie che andremo a mettere in atto. Praticamente dobbiamo lanciare un nuovo sito di e-commerce che andrà on-line a settembre, e sarà una bella sfida.
L'unico lato negativo della giornata è che l'ostello in cui volevo stare fino alla consegna della stanza a metà mese, è assolutamente da bocciare. Fortunatamente ho già trovato un'altra sistemazione provvisoria, dove passerò la settimana prossima.
Purtroppo quell'ostello ospita tre soggetti da me molto divergenti, nella stanza accanto. La stanza accanto è la mia stessa stanza, divisa da una parete di cartongesso alta solo fino a tre quarti del muro. Si sente tutto. Praticamente una fila interminabile di prott e burp, nonostante l'alto volume della loro tv portatile accesa fino a mezzanotte e mezza. Una volta spenta iniziano le loro chiacchiere sulle speranze che il comune gli dia una casa, e sul sussidio di disoccupazione. Poveretti, sicuramente nella loro vita sono stati sfortunati, ma io in due notti ho dormito 6 ore totali e al secondo giorno di lavoro non avevo in programma di andare in giro con una flebo di caffé. Pazienza, mica poteva essere tutto perfetto da subito, no?

lunedì 28 giugno 2010

Roma

Siccome lo scorso week-end è stato il mio ultimo da donna libera priva di vincoli lavorativi, con la italian society si è deciso di sfruttare l'occasione per andare a Roma. Sulla città eterna non ho niente da dire che non sia già stato detto, e magari lascio parlare le foto.
A proposito di divergenze culturali, voi non avete idea di che cosa può succedere quando la titolare di un buon bed & breakfast che non spiccica una parola di inglese si ritrova di colpo parecchi turisti americani perché per farsi pubblicità si è fatta iscrivere dal figlio a hostelworld.com. La signora Olga, è la classica signora settantenne romana a cui piace fare le cose per bene. Appena entrati ci ha subito snocciolato le regole del posto e dopo averci dato le chiavi della stanza ci ha congedati con un sorriso. Le sue recensioni sul sito sono tutte positive a parte una di un americano che era furioso perché non capiva come mai lei gli avesse nascosto il telecomando del condizionatore. Prima di andare via gliel'ho chiesto e lei mi ha spiegato che lui dormiva con la finestra aperta e il condizionatore acceso e non lo spegneva nemmeno quando usciva. Ad uno statunitense è già difficile spiegargli il concetto di spreco nella sua lingua, figuriamoci in un inglese stentato come quello della signora che quando suonano il campanello legge direttamente dal foglio degli appunti: ueit ai cam daun tu open ze dor.
La scenetta a cui abbiamo assistito durante la colazione però è stata a dir poco esilarante. Nel tavolo accanto al nostro c'erano tre biondine americane ventenni. Sapendo che loro preferiscono fare colazione con cibi salati, la premurosa Olga aveva preparato loro l'uovo alla coque.
O: ecco, milc e coffi
3a: thank you madam
O: ecco bbella tieni anche l'ovo. uonderful egg.
3a: how can I open this without breaking it too much?
O: che ha detto questa?
kay: ha chiesto come può aprirlo senza romperlo, sa nel suo paese glieli servono solo sodi già sgusciati.
Olga prende il cucchiaio e glielo rompe in cima, toccandolo pure con le sue mani. La tipa resta perplessa. Olga pensa che non gli piaccia l'uovo.
O: du iu laik cock?
Le ragazze diventano rosse paonazze e non rispondono. Io capisco cosa in realtà ha chiesto loro e scoppio a ridere.
O: Non capisco, ies?? du iu laik cock?? è bbono l'ovetto alla coque ehhh?
Silenzio e sguardi imbarazzati. Guance rosse.
K: signora Olga mi scusi, ma coque così come lo pronuncia lei in inglese è una brutta parola, si dice in un altro modo.
O: ahahahah è una brutta parola ahahah e che significa cock??
K: ehm è l'attributo maschile...
O: ahahahahah odddio ahahahah cock ahahah!!
Poi indica l'unico maschio presente in sala e continua a ripetere cock cock cock spanciandosi dalle risate. Le tipe se solo avessero il numero chiamerebbero la neuro. Alla fine gli spiego il malinteso e si fanno una risata pure loro. Avrei voluto avere una telecamera, giuro.

lunedì 21 giugno 2010

E casa fu.

Una sera della settimana scorsa ho passato quattro ore a leggere qualsiasi annuncio immobiliare pubblicato sulla zona che mi interessava e dopo essermi fatta una cultura enorme sui paesini limitrofi, sul costo al metro quadro, e sulla rete di trasporti pubblici, ho trovato la stanza che fa per me. Santo google maps mi ha permesso di capire che la fermata dell'autobus che passa anche davanti alla ditta è a trenta passi dal portone. Il supermercato è nella strada parallela. La fermata della tramvia che arriva in centro a Firenze è a cinque minuti. Sulla carta la stanza era praticamente perfetta, perciò sabato sono andata a vederla. Il padrone di casa è il tipico fiorentino con la parlantina sciolta, e invece di imprecare contro il cattivo tempo mi ha fatto i complimenti per il colore viola del mio ombrello, dicendomi che è proprio il colore giusto da queste parti, per omaggiare la squadra di casa. Lui non abita lì, ed è venuto apposta per mostrarmi l'appartamento. Le mie coinquiline saranno due ragazze che fanno le infermiere, e che molto probabilmente avranno turni di lavoro diversi dai miei, perciò non ci si incontrerà molto spesso. Io prenderò il posto di una ragazza cinese che ha studiato al polimoda, e che in un inglese stentato mi ha detto che ha comprato il biglietto aereo per tornare in cina il tredici luglio. Come facesse a seguire le lezioni resta un mistero. Il fatto che proprio lei se ne vada un po' mi solleva, perché da queste parti sappiamo che le condivisioni di spazi abitativi con persone orientali possono essere alquanto "insolite". L'unico difetto dell'appartamento è che si trova al sesto piano. Sì, c'è l'ascensore, ma so già che per questi due mesi sarà un forno. Dopo il frigorifero Bostoniano non mi dispiace nemmeno. Sapere che il prossimo inverno non sperimenterò nuovamente i venti gradi sottozero mi conforta. Mi resta il problema del dove dormire dall'uno al tredici, ma sembra che in zona ci sia un ostello decente. Dopo questo lungo periodo di "vacanza", non vedo letteralmente l'ora di iniziare a lavorare, chi l'avrebbe mai detto!

martedì 15 giugno 2010

Firenze arrivo!

Ve lo dico senza troppi preamboli: mi hanno assunto e si inizia il primo luglio.
Ringrazio tutti voi che mi avete aiutato. Siete stati tantissimi e purtroppo non posso offrire da bere a tutti, ma sappiate che se in futuro avrete bisogno di un click potrete bussare a questa porta.
E ora, il post che speravo di scrivere da un anno a questa parte.
Un anno fa per tutta una serie di congiunzioni astrali e karma negativi, come ben sapete ho messo da parte tutto e tutti e ho deciso di licenziarmi per poi partire per gli stati uniti a settembre. Quando si fa una cosa del genere si sa benissimo cosa si perde, ma non si sa cosa si troverà. Questo è uno dei maggiori motivi per cui tante persone non hanno il coraggio di fare un salto nel buio e preferiscono sopportare situazioni umanamente insostenibili, nascondendosi dietro alle più svariate scuse:
- "la mia vita fa schifo ma ho il gomito che mi fa contatto col ginocchio";
- "il mio lavoro mi uccide. potrei permettermi di stare a casa qualche mese ma non lo faccio perché poi ho paura di annoiarmi" (?!?!?);
- "sono proprietario di casa qui e non mi va di affittarla perché gli inquilini potrebbero rovinarmi il mobile della nonna";
- "l'Italia è un posto di merda però se abbandono la mamma poi nessuno mi cucina le sue tagliatelle";
- "potrei anche arrangiarmi con i 4 salti in padella, ma poi chi stira?";
- "la Svezia sì che è un posto fico, ma poi d'inverno fa freddo e d'estate non si va al mare";
- eccetera, eccetera, eccetera.
Gente, se non ce la fate veramente più, prendetevi una pausa e buttatevi, è un ordine!
Io che non sono di certo superman a poco più di un mese dal mio ritorno ho ricevuto la comunicazione di assunzione: sono la dimostrazione vivente che anche in Italia ci possono ancora essere buone opportunità per chi le sa cogliere. E non sono l'unica, tanto per farvi un esempio anche l'esponente fiorentino della italian society ha trovato lavoro una settimana fa, prima di me.
A quanto pare a posteriori ho avuto ragione su chi mi consigliava di restare a Boston a fare la cameriera perché la situazione politica italiana è sempre più ridicola. A conti fatti i personaggi politici sono persone infami dappertutto (anche se alcuni sono più bravi a nasconderlo), ma il vantaggio che ti dà essere madrelingua quando cerchi un lavoro è incolmabile.
Dette tutte queste belle parole, faccio presente che magari fra cinque anni mi alzerò una mattina e deciderò di aprire una baracchina della piadina alle Fiji. Ormai mi conoscete e non credo che vi stupireste ;)

domenica 13 giugno 2010

Girl geek dinner toscana

Ieri la vostra antropologa da strapazzo ha presenziato alla girl geek dinner a Firenze, dove era presente la crema della "scena" internettiana femminile toscana. C'era lei, la blogstar fiorentina spontanea, sorridente e gentile. Poi lei (la donna che potrebbe cambiare la mia vita lavorativa) ci ha esposto un'ottima presentazione sulle donne e i new media che conteneva fra gli altri anche il link a questo blog. Lei, lei, lei, lei hanno fatto un ottimo lavoro organizzando il tutto insieme ad altre ragazze che ancora non conosco. Il buffet era veramente galattico, e sempre siano lodate le tre bottiglie di vino che ho vinto alla lotteria. Lei è una delle mie concorrenti per quel posto di lavoro e non l'ho uccisa perché ha una faccia super simpatica e spero veramente di potermela ritrovare come collega. Lui è l'uomo più paziente del mondo ed è stato perfetto, anche se mi piacerebbe che iniziasse ad usare twitter. Lui, uno dei pochi esponenti fiorentini del "bloggare alla vecchia maniera" che conosco, è passato a trovarmi.
E qui, sul bloggare alla vecchia maniera, apro la mia parentesi preferita a proposito delle divergenze "culturali" rilevate.
Quando aprii il mio primo blog nel 2004 mi ritrovai in mezzo alla scena blogger bolognese che era nel pieno del suo fermento. Alcuni dei protagonisti di quel periodo sono oggi scrittori, giornalisti, redattori. Io purtroppo ho avuto l'idea di sprecare nove anni della mia vita a fare la contabilità perché lo consideravo un lavoro sicuro, ma se tornassi indietro mi ribellerei molto prima a quel tipo di situazione. Ma torniamo a noi. Le caratteristiche peculiari del blogger bolognese del 2004 erano ascoltare musica alternativa di qualità e scrivere di pancia. Mi ricordo che ci si appassionava veramente al personaggio che raccontava le sue esperienze sulla paginetta internet. Quasi tutti erano privi delle competenze informatiche necessarie e davano sfogo ai loro ego sui blog preconfezionati di splinder. Ieri invece, le blogger toscane del 2010 mi hanno dato un'impressione completamente diversa. Loro di comunicazione e marketing ne sanno a pacchi e si vede anche da come si presentano. Quasi tutte fanno lavori inerenti, e quando utilizzano termini come seo sanno benissimo di che cosa stanno parlando.
Fondamentalmente a mio parere il perfetto blogger sta nel mezzo. Se uno non capisce come uscire primo su google perde tantissime opportunità di essere letto, ma se uno arriva primo e non scrive cose che riescono a fare breccia nel cuore del lettore, costui la volta successiva sul suo sito non ci entra più.
Bene, appurato che rientro in pieno nelle caratteristiche sopracitate, tenete le dita incrociate per me ancora qualche giorno? Oh, se non ci riesco almeno potrò dire di averci provato e non avrò rimpianti. I lavori da ragioniera non scappano di sicuro (purtroppo).



mercoledì 9 giugno 2010

Simona di Vallombrosa

Lo so, da quando sono tornata questo blog sta facendo le ragnatele. Mi dispiace un pochino, ma in questo periodo è come se stessi trattenendo il respiro fino a che non ottengo una risposta definitiva per quel lavoro di cui vi scrissi. Oggi ho ricevuto una bella telefonata e sono stata convocata in sede per un secondo colloquio la settimana prossima. Purtroppo la concorrenza è veramente agguerrita, e gli altri candidati sono fortunati solo perché non conosco i loro nomi, ahahah!
Nel frattempo, per la serie "ohhh come mi piacerebbe vivere da queste parti" la italian society ha continuato l'esplorazione della toscana. Durante lo scorso week-end siamo stati all'abbazia di Vallombrosa. Anche questo è un luogo senza tempo, giunto ai giorni nostri dall'undicesimo secolo. I boschi intorno all'abbazia sono fittissimi e nell'aria c'è qualcosa di magico che traspare perfino da alcune foto. Una volta usciti fuori, se si attraversa la strada e si prosegue per due minuti in salita, si arriva ad un enorme parco dove ci si può sdraiare a prendere il sole per ore. Il parco è recintato da fili elettrici che danno una piccola scossa per proteggere le persone da eventuali cinghiali o lupi. Fortunatamente non ne abbiamo visti. Poco lontano però ci siamo incontrati un capriolo che ci ha attraversato la strada e io ho urlato "guardaaaa bambi!" A noi gente di asettica pianura ci manca decisamente un pezzo di mondo.

martedì 1 giugno 2010

Fiesole

Oggi ho fatto la turista in terra italiana, e sono andata a visitare Fiesole. Se non fosse perché quando lavoravo a boxol vendevamo i biglietti per l'estate fiesolana, io non l'avrei nemmeno mai sentita nominare. La cittadina è stata fondata dagli etruschi prima della vicina Firenze, e come una vecchia guardiana la sovrasta e la domina dall'alto. Camminando su per una salita che parte dalla piazza si arriva a una terrazza dalla quale si può ammirare tutta Firenze, circondata da ulivi e cipressi che mi hanno fatto tornare in mente la poesia del Carducci. Poi continuando per la salita, si arriva al convento francescano che è ancora oggi un luogo senza tempo. Appeso al muro vicino al porticato interno c'è uno scritto di Albert Camus che loda questo luogo di pace. Scendendo dall'altra parte si attraversa un bosco di alberi secolari con vista sulle rovine etrusche. Che paradosso, una si gira l'america in lungo e in largo per poi tornare a casa e realizzare che a meno di cento km da casa sua ci sono bellezze di un livello così alto che gli americani non se le possono nemmeno immaginare. Tanto per fare un esempio, Los Angeles sarà grande tremila volte questo paesello, eppure non è riuscita a trasmettere nulla alla mia interiorità: mi ha sommerso solamente di caos superficiale. A volte è difficile rendersi conto che bastano una chitarra, un cielo soleggiato, una coperta, e un prato per fare pace col mondo. La stanza buia bostoniana è ormai un lontano ricordo.


martedì 25 maggio 2010

Piaceri ritrovati.

Lo ammetto, durante la durata di tutta la mia permanenza a Boston ho letto soltanto tre libri. Purtroppo volevo concentrarmi solo sull'inglese e anche per una questione di peso in valigia non mi sono portata nessun libro italiano. I tre libri erano in inglese, e ci ho messo tanto perché dopo 15-20 pagine in lingua straniera il mio cervello si stanca, e leggendo prima di andare a dormire mi addormentavo sempre. A mia difesa posso dire che però ho letto i testi scolastici e il librone mattone di preparazione al toefl dovrebbe compensare tutto il resto. Adesso che sono tornata però non ho scuse, e quando ho sfilato il primo libro dalla mia piccola biblioteca personale mi sono quasi emozionata. Voglio raccontarvi la storia di questo libro, che inizia con la storia di un altro libro.
Circa un anno e mezzo fa, facendo spesa all'ipercoop ho visto gli einaudi scontati del 30%, e siccome questo capita raramente, ho deciso di dare un'occhiata. Trovare all'ipercoop libri che contribuiscano a dare un senso alla tua vita è quasi impossibile, però quella volta fui fortunata. Mi portai a casa le Memorie di Adriano della Yourcenar. Quel libro mi appassionò tantissimo, in particolare per come ragionavano gli antichi romani in materia di vita e morte, prima della comparsa della chiesa su questa terra. Unico difetto: anche se il libro era un diario dell'imperatore Adriano, era stato scritto da una signora che aveva passato molto tempo in biblioteca a leggere cose su di lui intorno al 1950.
Lo scorso dicembre, mentre ero a casa per le ferie natalizie, sono passata dal mercatino di beneficenza del paese. In quel mercatino ci faccio la spesa libri tutti gli anni, tipo che quest'anno me ne sono portati a casa dieci per dieci euro o poco più. Una volta i libri usati non mi piacevano perché sono rovinati, ma ora ho imparato a scegliere quelli con la copertina rigida, che durano nel tempo più di un libro nuovo in edizione tascabile. Fra questi c'era un libro intitolato Ricordi, di Marco Aurelio, e lo comprai solo per l'assonanza con le memorie di Adriano. Ho iniziato a leggerlo la settimana scorsa, e ho realizzato che è proprio a questo libro che la Yourcenar si ispirò. Questo è un vero diario scritto di pugno personale, e ad ogni pagina mi stupisce. Se penso alla vuotezza di certi romanzi moderni, mi chiedo come si possano spendere anche venti euro (quarantamilalire signoramia), quando con un paio di euro ti puoi portare a casa una cosa simile. L'altro giorno sono stata a Bologna dopo un sacco di tempo e ho visto che al posto di Nannucci ci hanno messo l'outlet di mel bookstore, che ha un settore enorme rifornitissimo di libri usati a due euro. Anche lì ho fatto la spesa. "Carissima" feltrinelli, è stato bello, ma addio.

martedì 18 maggio 2010

Reincontri e riscontri

Prima che tutte le settecento persone che hanno cliccato su quel link inizino a chiedermi "allora hai novità per quel lavoro"? Vi dico subito che per avere una risposta dovrò aspettare la metà di giugno, e quindi mettiamoci il cuore in pace e non pensiamoci (quasi) più fino al giorno x. Nel frattempo la vita scorre veloce: sto rivedendo tutti gli amici che non vedevo da mesi, ho presenziato a un paio di concerti carini, ho ricostituito la italian society in patria, e sto dando una mano a @padre nell'attività di famiglia. @padre vorrebbe assumermi, ma il lavoro è fisicamente faticoso e io avrei altri piani. Intanto che aspetto una risposta da Firenze continuo a guardarmi intorno, che non si sa mai. Qualcuno mi ha suggerito di iniziare a scrivere le divergenze toscana/romagna e trovo che sia un'idea carina. Solo per le divergenze linguistiche non basterebbe un libro. Quando passa aria da una finestra e una porta sbatte, loro dicono che fa riscontro. Noi diciamo che c'è una corrente d'aria. Ovviamente il vocabolario dà ragione a loro che l'italiano l'hanno inventato, ma "riscontro" mi suona comunque come unghie sulla lavagna. Altre parole che mi vengono in mente sono cancellare/scancellare, spegnere/spengere, che ovviamente sono tutte corrette. Cancellare secondo loro è terrificante perché gli dà l'idea di mettere un cancello, ma dovrebbero sentirsi quando dicono robe tipo spengi la luce!



venerdì 14 maggio 2010

Esperimento di viral marketing

Il colloquio direi che è andato bene. Si tratta di un lavoro di comunicazione web 2.0, e la responsabile marketing ha apprezzato il mio approccio via e-mail. A proposito di "pretentious" nell'oggetto avevo scritto "sono la persona che stai cercando" e ho iniziato la lettera con un "ciao". Lei mi ha detto che trattandosi di comunicazione internet chi inizia con "Gentile dottoressa" sbaglia tutto in partenza. Questo discorso mi piace perché ha ragione, e perché pur avendo rischiato mi è andata bene. Non si sa mai, volendo potevo anche vedermi rispondere "oh non sono mica tua sorella che mi dai tutta questa confidenza". Il lavoro mi ispira perché è veramente challenging, si tratta di tirare su da zero un sito molto ambizioso, e se chi si occupa della promozione 2.0 ha successo mantiene il posto, altrimenti la società chiuderà queste posizioni. La sede è vicino a Firenze, una città che mi è sempre piaciuta e dove mi sposterei molto volentieri. L'unico momento "unghie sulla lavagna" è stato quando mi ha nominato il contratto a progetto. Dopo undici anni a tempo indeterminato mi è sembrato di subire una retrocessione in serie B, ma poi ci ho riflettuto. La mia paura più grande riguardava il ricongiungimento dei contributi inps per la pensione, perché qualche anno fa non era possibile. Ora visto che siamo tutti sulla stessa barca hanno fatto una legge per cui se uno matura almeno tre anni a progetto poi può ricongiungere il tutto ai contributi inps normali. Per il resto, se il contratto a progetto è veramente un progetto e non ti costringe a timbrare un cartellino giornaliero, non è male per niente. Nel mio ultimo periodo lavorativo avevo ottenuto un contratto di telelavoro flessibile, e se un pomeriggio c'era il sole e volevo uscire a fare una passeggiata, poi recuperavo il lavoro di sera e nei fine settimana. Poi come tutti sapete c'è stata la pausa americana. Dopo tutto ciò tornare a timbrare un cartellino, mi diventerebbe difficile. Se il datore di lavoro capisce che il web è aperto 24 ore su 24, non è più importante il quando e il dove si lavora, ma il come si lavora. Ovviamente se si lavora in team specialmente all'inizio bisognerà essere in ufficio, ma poi mi piace l'idea dell'autogestione, che è comunque controllabile. Se non fai nulla le visite non arrivano e ciao lavoro. Ora, il mio unico problema è che essendo un lavoro fico, a quella azienda stanno arrivando un mare di curriculum diversi e i posti disponibili sono soltanto due. Per una volta, o miei lettori, dopo avervi dato tanto in termini di condivisione delle mie esperienze, sono a chiedervi un piccolo aiuto che non vi costa niente. Anzi vi conviene, perché se vado a Firenze il mio blog continuerà ad essere interessante, e se rimango al paesello presto non avrò più niente da dire.
Praticamente, io vorrei dimostrare alla responsabile marketing che sono effettivamente in grado di muovere traffico web, perché conosco tante persone su internet. Quindi se tu vuoi aiutarmi, ora clicca qui sull'indirizzo del suo blog personale, in modo che lei possa vedere un'impennata nelle sue statistiche e rendersi conto che se vuole lanciare bene quel sito deve avere ME.
Cosa aspetti? Sdebitati!! Ti costa solo un click.
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mercoledì 12 maggio 2010

Don't you think that it sounds a little bit pretentious?

Giovedì potrò rendermi conto se gli Stati Uniti mi hanno insegnato davvero qualcosa di buono. Il primo fondamento della filosofia americana è che i soldi spesi nell'istruzione tornano sempre indietro. Io ho investito su me stessa, perché mi sono ritenuta più affidabile di certe azioni che la banca voleva propinarmi. Giovedì, dicevo, ho un colloquio che potrebbe cambiarmi la vita, e sono curiosa di vedere come va (again? non sei ancora stufa di reinventarti? no). Nelle scuole americane, comprese quelle di lingua, ti insegnano a saperti vendere, altrimenti in quella società di squali navigati non ne esci vivo. Ralph, l'insegnante, non si limitava a correggere gli errori grammaticali, ma ci insegnava a scrivere e parlare come gli americani. Le speaking presentation erano l'incubo della classe. Una volta a settimana bisognava parlare per cinque minuti in piedi davanti a tutti, mentre lui inflessibile con la sua penna dava il voto all'inglese e all'atteggiamento. Dovete essere convincenti, diceva. Le mie prime dieci presentazioni sono state un mezzo disastro, poi man mano che ho preso confidenza ho sfoderato un po' della nostra caratteristica teatralità italiana e sono migliorata. Se nei temi leggeva un "secondo me" lo sottolineava in rosso e ci scriveva che indeboliva quanto sostenuto. Un giorno gli ho chiesto se questo modo di scrivere non risultasse pretenzioso e lui mi ha risposto "bullshit". La sua ricetta era: dite al vostro audience cosa state per dire, diteglielo, ribaditegli quanto detto. Con-vin-ce-te-li. Lavorativamente parlando, io ho sempre definito tutto questo contorno "aria fritta" e ho sempre preferito concentrarmi sulla sola qualità del lavoro svolto. Però se guardo chi nella vita ha combinato davvero qualcosa senza accontentarsi del primo lavoretto trovato, tutto questo mi risulta vero.

Esercizio di training autogeno: ripetere venti volte "tomorrow my performance will be outstanding". Alternare con "la parola scaramanzia in inglese è intraducibile perché quando vuoi veramente qualcosa, ci riesci".

lunedì 10 maggio 2010

Wonder woman

Ho salutato Boston nel peggiore dei modi possibili. O forse nel migliore, dipende dai punti di vista.
Mi ero preparata a versare litri di lacrime per la chiusura di un capitolo enorme. Avevo paura di commuovermi troppo in occasione della festa di saluto organizzata in mio onore dal coinquiliname e dintorni, fissata al ristorante russo per domenica sera. Poi è successo l'imprevedibile.
Andiamo con ordine.
Venerdì pomeriggio, dopo essere tornata dall'ultima escursione alla lavanderia a gettoni, ho provato a fare la valigia per vedere se mi avanzava un po' di posto per un eventuale shopping sabato pomeriggio. Ovviamente era piena all'inverosimile, ma ho pensato che se buttavo via qualche vecchia maglia che mi prestava servizio da più di un quinquennio, avrei anche potuto fare un salto da Macy's per investire gli ultimi dollari rimasti. Venerdì sera sono andata a dormire e ho lasciato lì la valigia fatta, senza pensarci più. Sabato mattina mi sono svegliata alle cinque a causa del diluvio universale in corso. Ho provato a riaddormentarmi ma il rumore della pioggia era troppo forte. Ho acceso il pc. Ho aperto la pagina di Repubblica.it che mi ha annunciato la cancellazione di 5000 voli in spagna e francia, a causa della nube vulcanica. Per fortuna l'Italia è lontana da lì, ho pensato. Poi mi è venuto in mente che su facebook qualcuno aveva linkato il sito delle previsioni dei movimenti della cenere vulcanica, e ci ho dato un'occhiata per curiosità. Lì ho visto che nel giro di dodici ore i cieli italiani sarebbero stati ricoperti interamente dalla nube, e mi è preso un po' di panico. Chi è l'ultima persona che devo chiamare in caso di panico? Mio padre. [file under: la mia unica figliooooola]
"Ciao, buongiorno, senti stavo guardando qui che forse la nube del vulcano arriverà a breve in Italia e quindi il mio volo potrebbe essere rimandato a chissà quando."
"Ehhh? Sei pazza? Cosa fai ancora lì?"
"Eh ti ho chiamato perché non so che fare. La mia stanza sarà affittata dal giorno dopo e nel caso in cui mi rimandino il volo sarei pure senza un tetto."
"Sposta subito il volo a oggi"
"Ma..."
"Niente ma!"
"Ok."
Alle otto di sabato mattina ho chiamato la compagnia aerea, ho spostato tutto, sono corsa in banca a chiudere il conto (e per fortuna che là sono aperte anche di sabato), ho messo le ultime cose in valigia, ho svegliato Liza che dormiva, ho pranzato con lei alle undici e poi sono corsa in aeroporto. Mentre sono uscita fuori con la mia valigiona che pesava 22 kg e uno zaino da 12 kg era ancora in corso il diluvio universale di cui sopra. In quel momento avevo in testa solo la parola CASA circondata da lampadine fosforescenti, e non sono riuscita a realizzare che dopo 7 mesi stavo lasciando Boston. Sono salita sulla metropolitana bagnata come un pulcino, ho maledetto la stazione di cambio che era senza ascensore, ho imprecato contro gli enormi gradini del bus navetta e sono entrata nell'atrio dell'aeroporto. Ho guardato il tabellone, e ho visto voli provenienti dall'europa cancellati ed altri con anche cinque ore di ritardo. Grazie a twitter sapevo che i voli tardavano perché dovevano passare da sotto il portogallo per evitare la nube. Fortunatamente il mio volo veniva da Roma, e aveva molto meno ritardo degli altri perché la deviazione era minore. Appena fatto il check in ho deciso di rilassarmi accendendo il pc, e ho letto che Repubblica continuava con i suoi catastrofismi. Domattina alle sei nube sull'Italia, riunione di emergenza della protezione civile in corso, titolava a caratteri cubitali. Il mio volo doveva atterrare alle otto, sta a vedere che me lo annullano all'ultimo momento, ho pensato. E invece no, tutto è andato assolutamente liscio come l'olio.
Il volo era diretto a fiumicino e sono atterrata alle 8.30 di ieri mattina, con soli quaranta minuti di ritardo per via della deviazione. L'aereoporto era nel caos totale, perché durante la mattinata, tutti gli aeroporti del nord erano stati chiusi, e quindi tutti i passeggeri con coincidenze sono stati dirottati alla stazione termini. Una volta salita sul trenino di collegamento ho realizzato che era stracolmo di gente con bagagli con l'etichetta transfer. Ho pensato che se non volevo restare bloccata ore a Roma, sarebbe stato meglio correre verso la biglietteria a tutta velocità, con tutti i miei 34 kg di bagaglio. L'abbiamo pensato tutti. La fila alla biglietteria era infinita. Non mi sono arresa e ho cercato le macchinette più nascoste. Avevano tutte la fila, solo una era libera perché accettava solo carte di credito. Ho provato con l'eurostar che partiva dopo 40 minuti perché non volevo fare le corse, e mi dava posti esauriti. Ho provato con l'eurostar che partiva dopo 10 minuti , e mi dava cinque posti liberi rimasti, di cui tre in prima classe. Ho preso il penultimo biglietto di seconda classe. Ero davanti al binario 23, il treno partiva al binario due e mi era stato assegnato il posto in una delle ultime carrozze in fondo. Un'altra corsa. Dopo due ore sono arrivata a Firenze, e sono scesa per prendere il trenino regionale che attraversa le montagne e mi porta dritto a casa a Faenza senza cambiare. Quando quel treno è partito mi sono finalmente rilassata. Mentre le colline verdi ricoperte di viti e ulivi scorrevano dal finestrino, ho pensato che 24 ore prima ero a Boston e che l'ho lasciata per sempre. Ho riguardato fuori e non sono riuscita ad essere triste.


giovedì 6 maggio 2010

Back in Boston

Appena tornata a Boston Liza allarmatissima mi ha spiegato nei dettagli l'emergenza acqua in corso. Mentre noi ce ne stavamo beati a Los Angeles, dai rubinetti bostoniani usciva l'acqua del lago non depurata. Ho aperto il frigorifero e ho visto che Liza aveva comprato 8 galloni di acqua. Per la cronaca un gallone è circa 3,7 litri. Questi americani sono bravissimi nell'impanicare la gente. Hanno detto alla tv "si spera che non si tratti di settimane ma solo di giorni" e tutti si sono fiondati al supermercato a svaligiare i liquidi. Ok, capisco l'acqua perché ce n'è bisogno oltre che per bere anche per lavare i piatti e per lavarsi, ma perché fare fuori anche tutte le bibite gassate come la dottor pepper? Mica è scoppiato il rubinetto della fabbrica. Ovviamente l'allarme è rientrato la sera stessa del mio ritorno e tutta questa gente ora non sa che farsene di questo liquido strano. Ho visto status su facebook che dicono:
"e ora cosa farò con tutta quest'acqua?"
"bevila"
"mi fa schifo, preferisco la coca cola"
"e allora perché l'hai comprata?"
"colpa della tv"
Chissà, magari tutto ciò farà scoprire l'acqua a questi bollicine addicted e non tutto il male sarà venuto per nuocere. Anyway, è iniziato il mio conto alla rovescia, il ritorno è sempre più vicino. Ieri sono andata in aeroporto per un arrivederci, e al mio ritorno a casa ho ripensato al giorno in cui sono arrivata sola e spaventata in questa città. Non avevo ancora un blog e non ve ne ho mai parlato. Avevo una valigia da 20 kg, uno zaino da 10 kg, la borsa del pc e la borsetta. Ero stanchissima dal volo, e chiedevo aiuto a chiunque per gli inaffrontabili scalini dell'autobus e della metropolitana. Sull'autobus ho chiesto a una coppia se conoscevano la zona del mio ostello e se era pericolosa. Mi hanno sorriso e mi hanno detto che potevo stare tranquilla, che tutta Boston è very safe. Mentre stavo salendo sulla metro sbagliata sono venuti a dirmelo e ad indicarmi quella giusta. Poi sono crollata a dormire in ostello e mi sono svegliata la mattina dopo con un sole bellissimo e la prima cosa che ho visitato è stata Newbury Street. Durante quella passeggiata fino al parco ho percepito distintamente l'inizio del mio percorso di rinascita. Adesso invece è giunta la fine, sto per tornare a casa carica e felice [shhht]. Mentre tornavo dall'aeroporto ieri le mie sensazioni erano diverse. I luoghi sono ora familiari e mi danno sicurezza. Questo posto posso veramente chiamarlo casa. Gli ultimi due mesi sono stati qualcosa di talmente bello e intenso da non essere mai riuscita a trovare le parole giuste per rendere l'idea. Le parole non sempre sono indispensabili. Ora ho quattro giorni per ripensare a tutti questi viaggi nel viaggio, alla fine della solitudine, ai sorrisi, alle città nuove, alla gente, alle milletrecento foto in sei mesi. Grazie Boston, di cuore.

domenica 2 maggio 2010

Los Angeles

Jenny, la ragazza che ci ospita a casa sua, è venuta a prenderci alla stazione degli autobus con la sua fidata Mustang nera. Lei abita sulle colline sopra a Malibù ed è gentilissima. Tutti coloro che ci sono stati mi hanno detto che visitare Los Angeles da turisti normali è piuttosto noioso e inutile perché i trasporti pubblici non sono sufficienti a coprire una area così vasta, ed avere un auto e conoscere i posti è assolutamente indispensabile. Jenny ci ha portato ovunque, e tutto intorno è un riconoscere luoghi visti nei film come Beverly Hills, Melrose e Mulholland drive. Siamo stati a Malibù sulla spiaggia dei surfisti, a Venice beach dove hanno tentato di ricreare i canali veneziani, a Santa Monica dove c'è la spiaggia di Baywatch e a Hollywood lungo la hall of fame. Nel frattempo dal resto dell'america giungono notizie poco confortanti. A New York hanno tentato di far esplodere una bomba a Times Square di sabato sera, a New Orleans sta arrivando una chiazza di petrolio enorme e a Boston è scoppiata la conduttura generale dell'acqua costringendo due milioni di persone a comprare le bottiglie per bere. Domani sera ci ritorno e spero che siano riusciti a riparare il tutto in qualche modo. Questi ultimi scampoli di america stanno passando in frettissima e mi sto divertendo tanto, ma non vedo l'ora di tornare.