mercoledì 3 marzo 2010

E' tutta colpa del DNA.

In realtà avevo un particolare motivo personale per visitare Philadelphia. Riguarda la storia della mia famiglia: me l'ha raccontata mia zia poco tempo fa. Verso la fine degli anni venti, i miei bisnonni morirono entrambi in un incidente. Si trattava di una famiglia benestante, e il fratello maggiore, pensò bene di darsela a gambe con i soldi dell'eredità, lasciando mio nonno diciottenne senza il becco di un quattrino. Mio nonno stava facendo il militare nei carabinieri, e finita la leva per forza di cose rimase lì e fece poi carriera, ma questa è un'altra storia. Parliamo invece del fuggitivo, che fece le valigie, e prese con sé la moglie e la figlia appena nata e le mise su un barcone diretto negli Stati Uniti. Dopo settimane di viaggio approdarono a New York, e vennero mandati a Ellis Island. Da lì scesero a sud verso Philadelphia e ci si stabilirono. Aprirono un'attività e gli affari gli andarono a gonfie vele. Nel frattempo anche mio nonno si era sposato, e da bravo fascista aveva sfornato un figlio dopo l'altro, arrivando a collezionarne ben otto. In Italia si era combattuta la guerra, e il senso di colpa nel fratello americano, col tempo prese piede. Per alleviarlo, inviava alla famiglia italiana pacchi di vestiti usati, che nel dopoguerra per chi li riceveva erano come oro colato. Sua figlia vestiva una taglia 40, e mia madre era l'unica che riusciva ad indossare i suoi vestiti, perché le sue sorelle portavano una 42. Era la fine degli anni cinquanta, lei a detta di tutti era veramente bellissima, e se ne andava in giro per il paesello con questi vestiti americani stupendi e aveva tantissimi corteggiatori. Io, nel remoto caso in cui abbiate dei dubbi, assomiglio a mio padre. Poi però la vita del paesello la annoiava terribilmente e se ne andò a lavorare a Milano per qualche anno. A pensarci bene forse qualcosa da lei l'ho preso. Tornando a noi, ho chiesto a mia zia, e pare che la figlia del fratello americano sia ancora viva, e che abiti ancora a Philadelphia con la famiglia. Non le ho chiesto l'indirizzo, però ero curiosa di vedere la città, e di respirare la stessa aria. Come ho già detto è una città piena di carattere, e negli anni venti doveva essere al top del suo splendore. Ora però che è in una fase decadente, sono convinta che in romagna la qualità della vita sia migliore, e di molto anche. Ultimamente ho avuto spesso la sensazione di percepire l'esistenza di un equilibrio divino che tende a pareggiare i conti, che se prima ti dà poi si riprende, e viceversa. Questo mi rincuora. La mia vecchiaia sarà felicissima. Forse.

7 commenti:

Ragno ha detto...

che gran figlio di pu*****!!!

no no no no no no non bastano 4 stracci belli per alleviare il senso di colpa ennò eh bellino, troppo facile così!! trova la figlia e torturala per mesi

Anonimo ha detto...

certo che sì, kay! e non solo la vecchiaia.


al posto tuo sarei stata curiosissima di conoscere questa cugina americana. le storie, le colpe e i rancori familiari, se ci sono stati, sono cosa delle generazioni passate. se questo fosse un film, saresti andataa farle visita e chissà che strane pieghe avrebbe preso la tua vita ;)


besoss

Simona ha detto...

eh ma la signora avrà tipo quasi 80 anni ormai, e i suoi figli sono americanissimi, e sicuramente non sanno niente. Che facevo, mi presentavo e dicevo: salve, sono venuta a riscuotere un debito di inizio '900 :D

Anonimo ha detto...

sì.
:)

MG ha detto...

hai mica incontrato Kaori a Philadelphia?

Simona ha detto...

battutoneeee!! :)

susanna ha detto...

ma si, ci andavi davanti alla zia ottantenne, svelavi la tua identità e poi partiva la sigla di carramba che sorpresa :D