John si è messo in testa di volermi conquistare sul serio. Non vorrei essere nei suoi panni.
J: posso invitarti a cena una sera di queste?
K: mmh, non so, vediamo, dipende.
J: daai. Ti porto nella migliore pizzeria italiana del North End. La pizzeria regina.
K: domani alle sette?
J: ok.
Dopo due mesi di cibo spazzatura, le parole pizzeria italiana suonano come il giardino dell'eden, capitemi.
Il giorno seguente alle sette aspetto John alla fermata della metro, ben avvolta nel mio cappotto, sciarpa, berretto. Arriva lui in jeans e maglietta.
J: non avrai mica freddo? Così vestita mi sembri una turista.
K: siete voi bostoniani che non siete normali, tzè.
J: no davvero, guarda le persone. Distingui quelli che sono nati qui perché hanno gli infradito a novembre, dagli altri che indossano gli stivali.
K: ora mi spiego questa schizofrenia nell'abbigliamento. Proprio non riuscivo a capire come mai queste differenze. In Italia quando fa freddo siamo tutti vestiti pesante.
Trenta minuti di metropolitana dopo, arriviamo alla pizzeria. Ci mettiamo fuori in fila. Un tizio si bulla con l'amico. Ha tutta l'aria di essare un maven.
Maven= tizi americani che si vantano di conoscere i locali più "in" del posto, e quando ne parlano nei loro blog, poi i loro amici ci si dirigono in massa. Un po' come Inkiostro in italia per i locali musicali.
T: staremo a vedere se questa è la migliore pizzeria del mondo, dice. Perché la migliore è vicino a casa mia.
J: per curiosità, dove vivi?
T: a Brooklyn, New York.
K: guarda, io quasi quasi mi sentirei di scommettere che tutte quelle che ci sono vicino a casa mia sono migliori di questa.
T: è impossibile. Da dove vieni?
K: ehm. Italy.
T: oh.
Il tizio si è zittito. Di nuovo uno a zero per noi.
La pizza che fanno lì, rapportata al cibo di queste parti è una manna dal cielo. Però il chiosco di Salvatore vicino a casa mia è ancora dieci gradini sopra.
Usciamo dalla pizzeria.
J: devo assolutamente portarti a vedere il mio posto preferito di Boston. Casualmente è a pochi passi da qui.
K: casualmente. Vabbè vediamo.
Passando attraverso un paio di vicoli nella zona del porto di lusso si arriva in questa banchina che ha una vista spettacolare. Davanti c'è il mare, i gabbiani, in lontananza si vedono gli yacht posteggiati e dietro le luci dell'aeroporto con gli aerei che atterrano e decollano. Dietro, c'è la vetrina di un locale che viene noleggiato per le feste chic. In quel momento era pieno di gente in abito di gala, che stavano danzando per una festa di matrimonio. Quindi se ti giri a guardare il mare e le luci, e ascolti la musica dietro, il posto è qualcosa di perfetto.
J: oh, un lento. Vuoi ballare?
K: ballare? Qui? Sulla banchina?
J: come on!
K: ok.
A metà della canzone lui si ferma e tenta di avvicinarsi.
In quell'esatto momento si sente una voce.
d: Oh my god! You should marry this man!
(oh mio dio, questo ragazzo lo dovresti sposare)
Mi giro e la guardo. Donna sessantenne in tutona rosa con le labbra rifatte e i capelli cotonati, con barboncino bianco al seguito.
Rumore di unghie sulla lavagna.
Se avessi visto ET passeggiare in tenuta da spiaggia gridando "telefono casa," probabilmente l'avrei percepito come meno assurdo.
Mi sposto un metro più in là. E' che quella parola mi fa venire l'orticaria. Lui ride.
J: la signora ha ragione, dovresti pensarci.
K: non ti ci mettere anche tu. Io non mi sposerò mai.
J: ora è presto per dirlo, ma veh che quando voglio so essere molto convincente.
K: ci conosciamo solo da due settimane e tu sei più giovane di me.
J: quindi?
K: oh che mal di testa, andiamo a riprendere la metro?
J: posso invitarti a cena una sera di queste?
K: mmh, non so, vediamo, dipende.
J: daai. Ti porto nella migliore pizzeria italiana del North End. La pizzeria regina.
K: domani alle sette?
J: ok.
Dopo due mesi di cibo spazzatura, le parole pizzeria italiana suonano come il giardino dell'eden, capitemi.
Il giorno seguente alle sette aspetto John alla fermata della metro, ben avvolta nel mio cappotto, sciarpa, berretto. Arriva lui in jeans e maglietta.
J: non avrai mica freddo? Così vestita mi sembri una turista.
K: siete voi bostoniani che non siete normali, tzè.
J: no davvero, guarda le persone. Distingui quelli che sono nati qui perché hanno gli infradito a novembre, dagli altri che indossano gli stivali.
K: ora mi spiego questa schizofrenia nell'abbigliamento. Proprio non riuscivo a capire come mai queste differenze. In Italia quando fa freddo siamo tutti vestiti pesante.
Trenta minuti di metropolitana dopo, arriviamo alla pizzeria. Ci mettiamo fuori in fila. Un tizio si bulla con l'amico. Ha tutta l'aria di essare un maven.
Maven= tizi americani che si vantano di conoscere i locali più "in" del posto, e quando ne parlano nei loro blog, poi i loro amici ci si dirigono in massa. Un po' come Inkiostro in italia per i locali musicali.
T: staremo a vedere se questa è la migliore pizzeria del mondo, dice. Perché la migliore è vicino a casa mia.
J: per curiosità, dove vivi?
T: a Brooklyn, New York.
K: guarda, io quasi quasi mi sentirei di scommettere che tutte quelle che ci sono vicino a casa mia sono migliori di questa.
T: è impossibile. Da dove vieni?
K: ehm. Italy.
T: oh.
Il tizio si è zittito. Di nuovo uno a zero per noi.
La pizza che fanno lì, rapportata al cibo di queste parti è una manna dal cielo. Però il chiosco di Salvatore vicino a casa mia è ancora dieci gradini sopra.
Usciamo dalla pizzeria.
J: devo assolutamente portarti a vedere il mio posto preferito di Boston. Casualmente è a pochi passi da qui.
K: casualmente. Vabbè vediamo.
Passando attraverso un paio di vicoli nella zona del porto di lusso si arriva in questa banchina che ha una vista spettacolare. Davanti c'è il mare, i gabbiani, in lontananza si vedono gli yacht posteggiati e dietro le luci dell'aeroporto con gli aerei che atterrano e decollano. Dietro, c'è la vetrina di un locale che viene noleggiato per le feste chic. In quel momento era pieno di gente in abito di gala, che stavano danzando per una festa di matrimonio. Quindi se ti giri a guardare il mare e le luci, e ascolti la musica dietro, il posto è qualcosa di perfetto.
J: oh, un lento. Vuoi ballare?
K: ballare? Qui? Sulla banchina?
J: come on!
K: ok.
A metà della canzone lui si ferma e tenta di avvicinarsi.
In quell'esatto momento si sente una voce.
d: Oh my god! You should marry this man!
(oh mio dio, questo ragazzo lo dovresti sposare)
Mi giro e la guardo. Donna sessantenne in tutona rosa con le labbra rifatte e i capelli cotonati, con barboncino bianco al seguito.
Rumore di unghie sulla lavagna.
Se avessi visto ET passeggiare in tenuta da spiaggia gridando "telefono casa," probabilmente l'avrei percepito come meno assurdo.
Mi sposto un metro più in là. E' che quella parola mi fa venire l'orticaria. Lui ride.
J: la signora ha ragione, dovresti pensarci.
K: non ti ci mettere anche tu. Io non mi sposerò mai.
J: ora è presto per dirlo, ma veh che quando voglio so essere molto convincente.
K: ci conosciamo solo da due settimane e tu sei più giovane di me.
J: quindi?
K: oh che mal di testa, andiamo a riprendere la metro?
2 commenti:
questo è il post più romantico e tenero che abbia mai letto. ever!
sono quasi sicuro che la vecchia tarda parlasse col cane.
ma lui era in frac o no?
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