Se guardo le mie foto e le foto che si trovano in internet, vedo due città diverse. Comunque malgrado il freddo sono contenta di avere visitato Washington in questi giorni. Ieri mattina la casa bianca era più bianca del solito, e la fontana del world war II memorial era completamente ghiacciata, così come lo specchio d'acqua di fronte al monumento ad Abramo Lincoln. L'enorme prato sotto all'obelisco del Washington memorial sembrava il set di uno di quei film apocalittici che piacciono tanto agli americani. Ma neve a parte, la capitale degli Stati Uniti è imponente, e con i suoi palazzi di architettura ispirati all'antica Roma, quasi intimidisce. Per certi versi, mi ricorda Vienna, è bellissima da visitare, però ci manca il sale che puoi trovare in una Praga o in una Stoccolma. Forse questa sensazione fuoriesce perché W. è stata proclamata capitale sulla carta, e poi è stato costruito tutto il necessario. A Boston si è combattuto per fare l'america, e mentre giri per le strade lo respiri dappertutto. Qui l'atmosfera è semplicemente asettica. L'unica strada animata di gente e negozietti è la settima, al confine con chinatown. A mezzogiorno, seguendo le indicazioni della mia guida, sono entrata all'interno della corte dell'ufficio postale vecchio, dove ci sono una serie di fast food. Apro la porta e mi trovo davanti due poliziotti e un controllo bagagli da aeroporto.
p: cosa ci fa lei qui?
k: volevo mangiare...
p: come ha saputo di questo posto?
k: c'è sulla mia guida, e poi c'è un cartello grande FOOD lì fuori, lo vede?
p: da dove viene?
k: sono italiana ma vengo da Boston
p: da sola? che coraggio! ok può entrare
Ma ditemi voi se devono fare tutte queste storie, brutti paranoici che non sono altro! Poi ho realizzato che dall'interno si accede a una torre simbolo della città e che forse hanno paura di attentati. Ma anche meno. Nel tardo pomeriggio poi si è alzato il vento e sono tornata in ostello. Nella sala computer un improbabile trentacinquenne con la maglietta dei megadeth con le maniche arrotolate sulle spalle e i jeans strappati, inizia a parlarmi.
F: ehi da dove vieni?
k: sono italiana ma vengo da Boston
A questo punto inizia un monologo di venti minuti, mentre io lo guardo perplessa.
F: "ah capisco. Io sono Fred, piacere di conoscerti. Sono nato qui, ma vivo a Los Angeles perché lavoro nel teatro, cioè cioè. Ho un amico italiano, si chiama Salvatore ed è Calabrese. Ora io non è che sono uno che di solito crede negli stereotipi, cioè cioè, ma lui viene in palestra col canottierone, il catenone, la sigaretta di traverso e si atteggia da gangsta. Oh per carità noi i gangsta lì ammiriamo perché abbiamo visto il padrino, cioè, ma immagino che dal vostro punto di vista non siano il massimo, perché voi lavorate e loro no. Ma tu sei del nord o del sud?"
E' stato fortunato, perché se ero del sud gli avrei dato un pugno sul muso. E poi a proposito di stereotipi, se non fosse stato così grosso gli avrei messo davanti uno specchio, tzé. Dopo cinque minuti sono uscita per comprarmi qualcosa per cena e l'ho piantato lì che ancora parlava. Oggi invece vado a vedere i musei Smithsonian, che ce ne sono tipo una decina, tutti nella stessa via e tutti gratis. Pare che siano gratis perché un multimiliardario inglese poco prima di morire ha devoluto alla causa un sacco di soldi, per dare una cultura a questo nuovo paese. Povero illuso.
p: cosa ci fa lei qui?
k: volevo mangiare...
p: come ha saputo di questo posto?
k: c'è sulla mia guida, e poi c'è un cartello grande FOOD lì fuori, lo vede?
p: da dove viene?
k: sono italiana ma vengo da Boston
p: da sola? che coraggio! ok può entrare
Ma ditemi voi se devono fare tutte queste storie, brutti paranoici che non sono altro! Poi ho realizzato che dall'interno si accede a una torre simbolo della città e che forse hanno paura di attentati. Ma anche meno. Nel tardo pomeriggio poi si è alzato il vento e sono tornata in ostello. Nella sala computer un improbabile trentacinquenne con la maglietta dei megadeth con le maniche arrotolate sulle spalle e i jeans strappati, inizia a parlarmi.
F: ehi da dove vieni?
k: sono italiana ma vengo da Boston
A questo punto inizia un monologo di venti minuti, mentre io lo guardo perplessa.
F: "ah capisco. Io sono Fred, piacere di conoscerti. Sono nato qui, ma vivo a Los Angeles perché lavoro nel teatro, cioè cioè. Ho un amico italiano, si chiama Salvatore ed è Calabrese. Ora io non è che sono uno che di solito crede negli stereotipi, cioè cioè, ma lui viene in palestra col canottierone, il catenone, la sigaretta di traverso e si atteggia da gangsta. Oh per carità noi i gangsta lì ammiriamo perché abbiamo visto il padrino, cioè, ma immagino che dal vostro punto di vista non siano il massimo, perché voi lavorate e loro no. Ma tu sei del nord o del sud?"
E' stato fortunato, perché se ero del sud gli avrei dato un pugno sul muso. E poi a proposito di stereotipi, se non fosse stato così grosso gli avrei messo davanti uno specchio, tzé. Dopo cinque minuti sono uscita per comprarmi qualcosa per cena e l'ho piantato lì che ancora parlava. Oggi invece vado a vedere i musei Smithsonian, che ce ne sono tipo una decina, tutti nella stessa via e tutti gratis. Pare che siano gratis perché un multimiliardario inglese poco prima di morire ha devoluto alla causa un sacco di soldi, per dare una cultura a questo nuovo paese. Povero illuso.
3 commenti:
fiero di essere (di origini) terrone...
io adoro il sud, tuttavia se guardo i dati del paese su sprechi della pubblica amministrazione, tasso di parassitismo, tasso di evasione fiscale e presenza di clientelarismo, qualche cosa da rimproverare (soprattutto ad alcune regioni del sud) lo trovo!
Anzi, a tal proposito consiglio l'analisi del sociologo Ricolfi ("Il sacco del Nord"), appena uscita.
ps e cmq anche gli americani parecchio strani!
robertinho: eh appunto, si guardassero loro! e poi io al tipo non gli avevo chiesto niente, per quello che ne sapeva lui potevo anche avere un padre e un fratello perfettamente corrispondenti alla descrizione :p
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